il calcio si sa, vive in un mondo fatto di contraddizioni ed emozioni, ognuna in simbiosi con l’altra. Un’altra stagione è come un cesto in cui deporre tutto quello che il tifoso troverà sulla sua strada, un cesto nel quale finiranno anche le cose più dolorose, perché troverà sempre una ragione per la quale il dolore sia necessario alla causa. Un’altra stagione dal peso centenario, una data che vuol dire tutto e non vuol dire nulla; è il tifoso che ne esalterà i ricordi, ne colorerà i festeggiamenti ne enfatizzerà i poteri divinatori, qualunque evento ci porterà questo campionato, sarà il tifoso a trovargli la giusta collocazione nell’intero secolo. Il tifoso giudica e condanna ma a differenza degli altri inesorabilmente perdona, persino i torti subiti per le colpe degli altri. Non so quanto i giocatori siano addolorati nel dover rinunciare alla presentazione della squadra, ma so quanto pesa ai tifosi non manifestare la loro fede. Cercare di leggere attraverso le scintille di rabbia e orgoglio del Comandante, intravedere nell’eruzione incandescente delle sue sinapsi, il perché di questa dimostrazione di potere, al tifoso non interessa: il Comandante non si discute; punto e basta. Il tifoso non è né ottuso né un fondamentalista, non è da trasferta né da poltrona; è solo uno che ha fede nella propria maglia, nella propria terra, nella forza del proprio cuore. Il tifoso non è né da ammirare né da biasimare e neanche da capire perché il tifo, come l’amore, è totalmente irrazionale. Un’altra stagione sta per iniziare e sarà l’ennesima grande scommessa; tutti scommetteremo sul nostro futuro, partita dopo partita, allenatori, giocatori, tifosi e perché no anche noi giornalisti; più o meno capaci di leggere un incontro, di giudicare un giocatore o scrivere editoriali, qualche volta di denuncia, spesso accondiscendenti e persino di rincorsa, quando le idee mancano e la conoscenza “tecnica” da sola non aiuta.

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