Nel gergo giovanile indica l’anticipazione, non richiesta, del finale di un libro o di un film.
Come è facile immaginare può risultare discretamente fastidioso per chi lo subisce o piacevolmente crudele per chi lo procura.
A questo punto sta a voi decidere se continuare a leggere il seguito di questo articolo o interromperne la lettura perché vi sto per raccontare come andrà a finire domenica prossima tra Larcianese e Grosseto.
Noi ci presenteremo a Larciano con un agguerrito manipolo di tifosi che avranno in testa solo due cose: trovare un posto dove mangiare e bere generosamente e il 2 fisso.
Ma il protagonista, stavolta, non sarà il tifo.
Vegnaduzzo passerà la notte tra sabato e domenica a rigirarsi nel letto.
Vedrà scorrere davanti ai sui occhi l’abbuffata di gol che si è mangiato in queste prime settimane.
Suderà riascoltando, nel suo immaginario, il rumore del pallone che si infrange sulla traversa.
Sentirà addosso l’alito degli altri compagni di reparto che stanno rientrando da infortuni o in attesa del disbrigo i pratiche burocratiche.
Avvertirà la spiacevole sensazione che il tempo rimasto è poco…terribilmente poco.
Ma quando vedrà le prime luci del mattino filtrare attraverso le finestre troverà la convinzione che quello che sta per iniziare sarà il giorno buono per gonfiare la rete.
L’arco temporale tra quella presa di coscienza e il fischio d’inizio della partita lo trascorrerà con musica argentina sparata a tutto volume nelle orecchie (si vocifera gli garbi parecchio un certo Andrés Calamaro, una specie di Bennato argentino un pochino più sdolcinato e buono fritto o con la paranza).
Non si toglierà le cuffie neanche quando Consonni darà alla squadra gli ultimi accorgimenti tattici.
Lui è da sempre un bomber e sa benissimo quello che deve fare.
La partita inizierà e lui non si demoralizzerà neanche dopo aver sbagliato il primo stop e la prima sponda.
Un bomber sa attendere, un bomber vero ha pazienza.
La squadra prenderà campo e farà molto possesso.
I palloni giocabili inizieranno ad essere molti.
Poi ad un certo punto la consapevolezza che l’incubo sta per finire.
Calcio d’angolo.
Il pallone è forte il giusto.
Bella anche la parabola e il giro.
Un po’ impacciato, su quelle gambe tra cui passerebbe anche un cane col bastone in bocca, riuscirà ad anticipare di mezzo metro l’avversario scegliendo bene il tempo per l’elevazione.
L’impatto con il centro della fronte sarà perfetto anche se leggermente doloroso.
Ma il capolavoro assoluto saranno gli occhi che resteranno aperti.
Il pallone non avrà ancora varcato la linea di porta che lui gli avrà già dato le spalle.
Inizierà una corsa pazza verso la panchina, l’adrenalina gli consentirà di raggiungere una velocità che solo qualche minuto prima era impensabile.
Eviterà i placcaggi dei sui compagni per arrivare a Consonni.
E quando ci sarà riuscito sarà mucchio, sarà orgia e sarà finalmente orgasmo.
La sua capigliatura ne uscirà fuori compromessa ma per noi in quel momento sarà più bello di Brad Pitt.
Il seguito della partita descriverlo è superfluo.
Mi garba solo immaginare il bomber in sala stampa che alla prima domanda dei giornalisti “Finalmente ti sei sbloccato?” risponderà altero con un detto argentino:
“Mis debilidades son tan fuertes
que no parecen debilidades.”

Le mie debolezze sono così forti
che non sembrano debolezze.

T&GO

 

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