Temevo l’avversario.
Temevo i precedenti che avevamo avuto contro di loro.
Temevo che nelle gambe ci fossero ancora le scorie del mercoledì di coppa.
Temevo un paio di assenze.
Temevo.
Poi la partita è iniziata e in brevissimo tempo tutti questi timori sono svaniti.
Un’altra autoritaria prova di carattere e personalità.
Una prestazione atletica superba.
Trame di gioco che definirei fuori luogo per questa categoria.
Ma il meglio si cela nei dettagli.
Nelle sfumature.
E’ li che spesso si può scovare la verità.
E’ osservando quei piccoli gesti che si comprende la nostra forza, la nostra essenza.
Sono diventati un vero gruppo.
Sono diventati una cosa sola.
Si aiutano.
Si supportano.
Sono consapevoli della propria forza.
Sono diventati mentalmente e agonisticamente cattivi.
Trasmettono sicurezza.
Contagiano sfrontatezza.
Saranno irriverenti da qui fino alla fine.
Ed oltre …
Hanno imparato a dare significato alle piccole cose.
Credo sia questo il segreto.
Il calcio è un gioco, ma se lo prendi solo come tale sarà difficile riuscire a trovare le motivazioni per sacrificarsi quotidianamente per anni.
Di conseguenza le gratificazioni che ne scaturiranno saranno irrilevanti.
Ma soprattutto non si beneficerà mai di  tutta la linfa vitale che esso in realtà contiene.
Per viverlo pienamente gli devono essere attribuiti dei valori che non possono essere contenuti nella sola parola “gioco”.
Si deve parlare di senso di appartenenza ad una terra e ad una stirpe.
Ad un popolo.
Si devono cercare continuamente nuove motivazioni personali e di gruppo.
Perché sono queste che alla fine fanno la differenza.
Il potenziale educativo che contiene lo sport è racchiuso proprio in questa abilità di ricerca.
In questa capacità di assegnare significati alle piccole cose e quindi a tutta un’esistenza.
A tutta una vita.
E’ in questa scelta, ed è di fronte a questo bivio che si crea la selezione naturale più rilevante.
Quella tra il vivere e il sopravvivere.
E’ in questa ricerca interiore che, durante una vita, si trova la forza di rialzarsi o più semplicemente di rincorrere un avversario fino al novantesimo.
Dare un senso alle grandi ma anche alle piccole cose.
Tutto qui.
Questo  è anche il mio carburante.
Quello che mi fa partire da Roma per immergermi nella mia terra.
Sotto l’acqua.
Ma appagato.
Perché io in quel momento SONO esattamente dove voglio ESSERE.
In mezzo alla mia gente.
Accompagnato da tutti i significati che ho imparato ad attribuire a questo mio perenne pellegrinaggio.
A questo mio esilio.

Perchè per me è ossigeno.
È una boccata d’aria prepotente.
Come quando riaffiori in superficie dopo una lunga apnea.

Ti amo Maremma.
Ti amo Grifo.

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