Scherzi a parte, nel minimo le si deve un gran rispetto, specie se ci si sofferma su quei numeri, che nella vita di Alessandra Peppetti, hanno un ruolo fondamentale. Una storia dove l’amore per la maglia è un sentimento per il quale si da senza nessuna pretesa di prendere.

Una storia d’amore nata in Curva Nord; un mondo particolare con le sue regole non scritte, le sue contradizioni, le sue passioni esasperate; “Curva”: nome singolare, femminile pensato al maschile, dove lei e le ragazze del Grifone hanno annullato ogni differenza.

“Certo non è facile per una donna far capire che la passione che hai per questa squadra e per il calcio è identica a quella di un uomo, spesso sembra che il fatto di essere tifosi sia un diritto soltanto degli “uomini” ma credo che la forza della mia passione sarebbe stata chiara a tutti anche senza trasferte.”

Nessuna obiezione, perché per noi uomini è molto più facile: lavoro, calcio e famiglia sono tenuti a compartimenti stagni rigorosamente separati, senza che l’impegno di uno contamini l’altro; per una donna invece, tutto è un frullato di contemporaneità.

“Io non sento di aver fatto chissà quali sacrifici o aver rinunciato a chissà cosa, perché vedere il Grosseto è la cosa che mi piace di più, anzi mi ritengo fortunata di aver avuto la possibilità di esserci sempre stata”. Guardare il Grifone in televisione non mi sembra neanche che sia il Grifone, non sento neanche la partita. Per questo anche il primo anno di B ho fatto tutte le trasferte, il secondo e il terzo ne ho persa solo una e quest’anno le ho fatte di nuovo tutte. Magari mi mancano quelle che sono il sogno nel cassetto…San Siro o l’Olimpico!”.

Una vita di trasferte che magari è anche un record, peraltro un primato che potrebbe essere facilmente certificato, visto che Alessandra, durante il pre partita, è il volto più inquadrato da Sky. Per chi non è abituato alle telecamere, la cosa potrebbe persino portare ad assumere ansiolitici.

“E chi ci pensa, io penso solo alla gara, difatti quando mi rivedo nelle riprese, ho sempre la faccia pensierosa, l’unica ansia che mi prende è quella del risultato!”

Ne ridiamo insieme ma subito la incalzo con un’altra domanda e cerco di prenderla di sorpresa chiedendogli di tutti questi pellegrinaggi pro Grifone cosa le rimanga dentro.

“Tante emozioni, ma al di là delle prestazioni ogni trasferta ha una sua storia. Anche se quest’anno siamo tornati a testa bassa più di una volta, il fatto di portare in giro per L’Italia il nome di Grosseto per me è motivo di vanto, per non parlare poi degli amici con cui passi intere giornate. Il Grifone poi è nel mio quotidiano, e non potrei mai chiuderlo nel cassetto in attesa della prossima partita; c’è sempre un motivo per parlare del Grosseto e quando non c’è, corro al muro dei tifosi per vedere se ci sono novità, insomma il Grifone è tutto l’anno anche quando non c’è il campionato.”

Diciannovemilacinquencentocinquantaseimila kilometri, vogliono dire amore, passione, perseveranza, forza e tenacia, ma una donna così è persino più forte della scaramanzia?

“Assolutamente no. Io faccio attenzione a tutto, se da una partita torniamo vincenti mi vesto nello stesso modo anche nella partita successiva, così come parcheggio la macchina nel solito posto, invece, se perdo, cambio tutto! Per la partita di Padova, dov’era vietato sbagliare, ho messo in uno zaino tutti i vestiti che avevo indossato in tutto il campionato e l’ho portato con me dentro l’Euganeo!”

Penso allo zaino stracolmo di vestiti e mi accorgo che non servono altre domande per dirle: “Grazie Alessandra!”. Grazie di essere un piccolo ma fondamentale mattone affinché questa terra, questa maglia e questa gente possano divenire le solide fondamenta di un sogno comune.

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