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Dopo le scaramucce dialettiche prenatalizie, le telefonate chiarificatrici, dopo aver saputo che la società non è una democrazia e che non saranno più tollerati lamenti pubblici, l’uccellaccio è tornato al lavoro guardando al 2016 con occhi rapaci. Anche se qualcuno storcerà il naso siamo sicuri di un particolare: ci voleva. Le esternazioni di Giacomarro erano appese ad un filo sottile, fragile, senza appigli. Il tecnico, prima che il suo operato, ha difeso lo spogliatoio, i suoi uomini, ha salvaguardato il lavoro del suo ottimo staff, stretto al petto quanto di bello e buono – ed è tantissimo – ha orchestrato in pochissimi mesi, ha sorriso a quelle basi scavate con tanto impegno e attitudine. In maniera inversa ha fatto del bene all’insieme del sodalizio. E anche questo ha portato giovamento. L’idea di un insieme perfetto, pulito, ordinato, senza nulla fuori posto, un luogo di plastica dove tutti stanno bene, dove non c’è un pezzo di carta nemmeno a cercarlo, nemmeno un calzino sporco sul pavimento, privo del profumo di sudore, era praticamente insopportabile. Ogni giorno si ribadivano concetti di famiglia, si smuovevano ricercati paroloni per indicare perfezione in ogni angolo, in ogni scrivania. Giacomarro ha usato la mazza di ferro per rompere lo specchio usato per spalmarsi rimmel e creme per apparire bello e immacolato. Parole dure, quelle del mister, dure ma anche preoccupanti. Mettendo in forse il lavoro di un team che punta su vere eccellenze, si è messo in discussione la professionalità di uomini, che farebbero la fortuna di molte società di calcio. Per poterlo fare serenamente occorreva essere almeno dieci gradini sopra le capacità dei singoli componenti. Se non si è a quell’altezza il silenzio e il rispetto diventano motivi reali per stare con la bocca chiusa. Per il 2016 l’augurio è che gli episodi “destabilizzanti” siano diagnosi e cura di una gestione ancora non perfetta a livello societario. Si è anche ripetuto che l’unità è l’arma vincente in tutte le discipline. Noi di Biancorossi ci siamo con tutto l’amore accumulato per l’uccellaio.

Giancarlo Mallarini