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Ammettiamolo senza riserve. Pur fasciata con bende imbevute di pesante adrenalina la sfida con il Rieti è la partita che volevamo. All’interno di una estate tanto crudele quanto rivelatrice, questi 90’ apparivano una liberazione fisica e morale, una soddisfazione lontanissima, utopistica, un sogno senza sbocchi, una realtà oramai impossibile. Invece è a un passo, dietro l’angolo e si trascina persino il timbro di gara per la vittoria. Non per non retrocedere, ma per puntare verso il cielo. Depurata dai tanti perché, distillata da sconfitte dolorose, bonificata da ogni altra forma di antipatiche rappresaglie, ecco che la 23esima giornata del campionato si offre al popolo quasi come un regalo, certamente come un traguardo impossibile da preventivare. Il Grifone c’è, è li a due scalini dalla vetta conquistata e persa con cadenze da diabolico fil di ferro. Ma il Grifone e il popolo non si spezzano per così poco. Hanno attraversato ben altri deserti ben altre tundre, sono pronti a sedersi al tavolo della stagione e giocare. Olbia ha replicato il pensiero di scarsa personalità, poco carattere. Prendendone atto si avvia un processo inverso, ricco di fiducia e abbondante sicurezza. Lo Zecchini aspetta, alleato e ricco di storia. Spetta al popolo riscaldarlo di rinnovato amore, alzarlo verso il cielo, colorarlo con pitture vive e fosforescenti. Il resto sono briciole sulla tovaglia, basta aprire la finestra e sbatterla per disperderle al vento. L’augurio più forte è che il dopo Rieti non sia terreno fertile per processi e sentenze, di questi ne sono piene le fosse, e non solo.

Giancarlo Mallarini