Avete presente quella sensazione che si prova quando ci si sente a nostro agio? Può essere una cena come tante con gli amici di sempre, il ritorno a casa dopo una giornata difficile, una domenica mattina passata in mutande tra il letto e il divano o, semplicemente, leggere nuovamente “Grosseto” in un cartello stradale qualunque al ritorno da un viaggio che vi ha portato lontano. Il “sentirsi a casa” è come viene definito comunemente questo tipo di sentimento. In altre parole, avvertire che si è adeguati, al nostro posto, circondati di affetto e complicità. Ecco, io in quest’ultimo anno non mi sono praticamente mai sentito così dentro lo stadio della mia città. Una breve parentesi idilliaca iniziale, carica di aspettative e densa di emozioni, ha lasciato repentinamente campo ad un velo di inadeguatezza che, col tempo, è diventato sempre più denso e soffocante. Un mondo tutto nuovo e luccicante che al di là del suo accattivante splendore non ho mai davvero sentito mio. “Questione di feeling” cantavano Cocciante e Mina nel 1985 e come dargli torto. Io questo feeling con la nuova nonché attuale società non l’ho mai avuto. Troppo distanti e diversi per modo di fare, per atteggiamento, per estrazione culturale, per modalità di interazione sociale e per mille altri aspetti. Già che siamo in vena di confidenze non mi è nemmeno mai piaciuto il nuovo logo della mia squadra, quello scudetto e quella scritta “F.C.” con l’immagine del Grifone banalmente scaricata da internet dopo una semplice ricerca su Google digitando “grifone + grosseto”. Provateci se volete!
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La mia fede però non mi dava alternative e sono rimasto al mio posto, facendo l’abbonamento, tifando la squadra, gioendo, incazzandomi, partecipando alle trasferte quando ho potuto, parlando alla radio e scrivendo. Non sono un giornalista professionista ma, da tifoso, mi piace occuparmi del Grosseto condividendo le mie idee sul nostro sito. Mi piace scrivere di colore e di passione e mi piace farlo circondato da amici che sono malati della mia stessa malattia. Manuel, Giancarlo, Riccardo e Roberto: questi sono stati i compagni di avventure dell’ultimo anno e con loro abbiamo cercato di esserci fisicamente, di raccontare e di commentare. Un anno molto difficile durante il quale è stato necessario più volte fare gruppo e aiutarci a vicenda. Ho sentito e letto cose che mi hanno fatto male e ferito ma non ho mollato. Siamo stati definiti dei “nostalgici che remavano contro”, fino al punto che c’era chi sospettava che alcuni di noi godessero delle disavventure calcistiche del Grifone e provassero piacere delle sconfitte. Tutto questo perché, nella fase culmine dell’entusiasmo ritrovato, ci siamo macchiati del reato di esserci posti delle domande, di aver calcato la mano e la lingua su situazioni che ci sembravano poco chiare, di aver semplicemente cercato di capire. Mentre c’era chi, in virtù di un idillio mediatico surreale che è passato dalle stelle alle stalle senza conoscere vie di mezzo, vi mostrava quanto fossero belli e seducenti la lavanderia dello Zecchini ed i muri non appena ridipinti di bianco-rosso, noi avevamo il nostro da fare a controbattere accuse e attacchi più o meno velati (non tutto può essere reso pubblico) e a porci qualche domanda. Abbiamo quindi lavato i panni sporchi in casa (nonostante la lavanderia dello Zecchini fosse davvero bella ed efficiente) cercando di mantenere le giuste distanze con ironia e con passione. Il tempo poi ha cambiato ogni cosa, affetti e simpatie, fiducia e stima, aspettative e speranze, baci, abbracci, esclusività dei rapporti, ricchi premi e cotillon. Oggi, 27 Luglio 2016, si legge di tutto nel day-after che ha tolto ai grossetani ogni speranza di Lega Pro.
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Penso che siano reazioni eccessive come eccessiva è stata la fiducia (mal riposta?) nei salvatori a stelle e strisce dell’epoca post-camilliana del Grifone. Non ho mai capito chi si è perso la Serie B per fare un torto al “Comandante” come non capisco chi non verrà a vedere la Serie D del prossimo anno. Sentitevi traditi, maltrattati, disillusi ma non lasciate solo il Grifone. Il Grifone siete voi e non chi si siede su una poltrona a rappresentarlo ufficialmente. Si può amare una squadra perfino odiando una proprietà ma abbandonare il campo non è la reazione giusta alla mancanza di sintonia. Lo “Zecchini” è e sarà sempre la casa dei Grossetani e i Grossetani non hanno nessun altro posto su cui sedersi se non su quei gradoni. Ammesso e non concesso che avremo una squadra (attualmente non ci metterei la mano sul fuoco) noi non dovremo far altro che incitarla, ognuno a modo suo e secondo le proprie possibilità, in qualunque campionato sia iscritta. La soluzione non è quella di mancare ma quella di esserci facendo sentire il proprio dissenso. Non commettiamo gli errori del passato, distinguiamo il Grosseto dalla proprietà del momento e cerchiamo di crescere. Forse non saremo tutti a proprio agio ma vi assicuro, io allo stato attuale non lo sono affatto, che è una sensazione che svanisce presto: non appena il Grifone gonfia la rete!
PS: biancorossi.it ci sarà e ci sarà a proprio modo: abbiamo appena investito quei due spiccioli racimolati per una coppia di remi nuovi. Remate gente, remate!!!