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La partita non si presta a molti commenti.
Giusto un paio di brividi in mezzo a molti sbadigli e qualche urlo al numero undici avversario, tanto valido tecnicamente quanto grottesco nelle sue simulazioni.
Quello per cui invece vale la pena far scorrere un po’ di inchiostro è il ricordo che entrambe le curve (oggi c’era un bel mattoncino colorato e rumoroso di ultras avversari) dedicano a Gabriele Sandri.
La storia di questo sfortunato ragazzo la conoscete tutti.
Dieci anni fa la sua vita fu stroncata da una pallottola sparata da un poliziotto.
Aveva solo ventisei anni e tutto il meglio ancora davanti a se.
È morto mentre seguiva la sua Lazio in trasferta.
Voleva semplicemente stare vicino alla sua squadra del cuore, nulla di più.
Molti di voi sanno benissimo di cosa sto parlando.
Oggi tutte gli ultras d’Italia lo hanno ricordato, molti hanno fatto parecchi chilometri per essere presenti alla sua commemorazione che si è tenuta a Roma.
In tutte le curve d’Italia, e non solo, ci sono stati striscioni in sua memoria, sottolineati da cori e applausi.
Come ha evidenziato Cristiano Sandri, fratello di Gabriele, in un mondo in cui la partecipazione si appaga con un like, messo mentre si sta seduti comodamente sul divano, quello che hanno dimostrato oggi tutti questi ragazzi è tanto commovente quanto poderoso.
Finché il mondo ultras si mobiliterà compatto in suo onore.
Finché sarà ricordato.
Lui continuerà a stendere, tra le mani, la sua sciarpa.
Lui continuerà a cantare sui gradoni della Curva Nord.
Lui continuerà a sorridere.
Lui continuerà a vivere.

Educhiamo i nostri figli alla partecipazione vera. Supporters in inglese significa sostenitori.
Coloro che sostengono la propria squadra. Sostenere, aiutare. Come è possibile farlo dal divano? Mio figlio vive a Roma e quest’anno ha visto il suo Grosseto cinque volte. I suo amici, della Roma e della Lazio, le hanno viste tutte, ma su Sky.
Come padre sono un disastro, ma in questo sono nel giusto.
Più realtà, meno virtualità.

T&GO

Roberto Bongini