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Ti ho osservato.
E’ dalle prime amichevoli che ti studio.
Dovevo capire chi avevamo messo al comando della nostra brigata.
Dovevo capire chi era quell’uomo che si è preso la responsabilità di arrivare in una piazza dove il risultato atteso è uno solo.
Dove nella programmazione di quest’anno non esistono condizionali ma solo imperativi.
Insomma, dovevo capire.
Mi piace il tuo realismo, il tuo stare sempre con i piedi per terra, la tua umiltà, il tuo essere schivo.
Ti ho sentito, almeno in un paio di occasioni, ribadire in conferenza stampa che tu hai un lavoro, lasciando intendere che il ruolo di Mister è secondario come priorità rispetto alla tua reale professione, lanciando intendere che hai sempre ben presente la dimensione dilettantistica della categoria in cui militiamo.
Mi piace il tuo svestire la tuta da lavoro per vestire quella da allenamento.
Mi piace il tuo anteporre il neon degli spogliatoi alla luce delle telecamere.
Mi piace la tua avversione alle cravatte, sia in campo che fuori.
Mi piacciono le tua braccia incrociate in sala stampa, indice di disagio per un posto che non si addice alla tua natura riservata.
La lunga corsa, domenica, per andare a complimentarti con Molinari, l’ho apprezzata più dell’intervento di Sabatini a metà campo sulla ripartenza di Remedi, gesto tecnico e caratteriale, quello del nostro terzino, che fino a quel momento consideravo l’episodio più “poetico” e dal sapore antico di tutta la partita.
Ma il tuo abbraccio, nei confronti del giovane attaccante, era paterno e colmo di premura.
Di certi gesti bisogna coglierne il significato pieno, altrimenti si rischia di perdere per strada qualcosa di importante, qualcosa di prezioso.
Mi garba il tuo modo di gestire il gruppo.
Il tuo modo di allenare calciatori e di forgiare uomini.
Un Mister senza cravatta e senza ali, ma con le scarpe consumate.
Un Mister che lavora a testa bassa per camminare a testa alta.
Di condottieri celebri nonostante la loro timidezza ne è piena la storia: CHURCHILL, GANDHI, LINCOLN, ecc…
Tutti uomini che sollecitarono con le loro biografie le mie fantasie di giovane lettore.
Una volta chiuso il libro, spegnevo la luce del comodino e restavo per lungo tempo ad occhi aperti, totalmente conquistato dalle loro “complesse” personalità che davano vita, invece, ad una visione molto “semplice” del mondo.
Tu, con le dovute proporzioni, me li ricordi molto.
Sono convinto che non mi deluderai.
E mentre arrossisci per queste ultime righe, ne approfitto per augurarti di conseguire tutte le soddisfazioni che ti sei prefisso, che alla fine, sicuramente, saranno anche un po’ le mie.
Per me stai bene lì dove stai.

T&GO

Roberto Bongini