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La partita che non c’è. L’intervallo del Nardini è un inseguimento alle azioni che non si sono viste, al calcio desiderato e non ricevuto, a un Grifone che non vola preferendo stare nel nido. Praticamente uno sbadiglio di 45′. Fa anche caldo, non c’è nebbia, un palcoscenico totalmente diverso dalle puntate precedenti quando i biancorossi sbarcavano in Garfagnana, sempre negativa sotto il profilo del risultato finale. I padroni di casa non esprimono grande ritmo, praticano geometrie da terza elementare risultando prevedibili quanto sostanzialmente incapaci di mordere. Il Grifone si adegua modellandosi sull’avversario, seguendone le tracce come un cane da tartufi. Non succede nulla di importante. Le attese di un segnale di fumo qualsiasi, di un colpo di tosse, un sms anche vago, restano relegate nell’angolo più nascosto della cantina. Il Grifone si lucida le penne, sbadiglia accoccolandosi come un micio biancorosso. A tratti si stira le ali, dopotutto è primo in classifica e la gara non da significativi grattacapi. La partita che non c’è.

Si ricomincia. L’uccellaccio si scuote ed è subito palo con Boccardi. Il Grifone esiste. Lancio centrale per Bosi, difesa in ferie, diagonale, rete. La partita diventa vera, dura, in salita. Il Grifo si toglie il pigiama, mette gli anfibi, esce dalla trincea. Gori cerca di abbatterlo ma coglie la traversa, il Grifo si spaventa. La rabbia non lega con triangolazioni, uno-due, e non va d’accordo con lucidità. Lanci lunghi, testa bassa. Da due metri Martinelli getta alle ortiche il raddoppio gialloblu. Da qui in poi l’uccellaccio si prende la scena del Nardini. All’appello rispondono tutti i requisiti necessari per uscire dal buco: gruppo, volontà, tecnica, sofferenza, sacrificio, crederci fino alla fine, strapparsi il cuore. Gorelli al limite appalta la rovesciata, Andreotti da il colpo di grazia, 1-1. Il pari aggiunge quel pizzico di incoscienza necessaria per volare più in alto, la divisione dei punti non è interessante, per scappare verso l’azzurro intenso della classifica, per commuoversi e commuovere. Lo strappo necessita di freddezza, di fondamenta antisismiche, di amore. Palla in area, Molinari controlla nel cuore dell’area, guarda l’angolo lontano. Fermo immagine. Tutto il Nardini è congelato, la porta di Leon è piccola come la cruna dell’ago, silenzio, tormenti, sospiri. La maglia 18 è immobile, bianca,  giovane. Poi si muove carica il destro, impatto sul pallone che inizia la  corsa, Leon è sorpreso, il popolo biancorosso diventa paonazzo, il pallone corre, corre, si ferma solo in fondo alla rete. E Molinari vola verso la sua gente, urla, finalmente urla, finalmente libero, finalmente felice, finalmente Molinari. La partita che non c’è termina con un groppo in gola. Questo Grifone svincola emozioni, sensazioni e felicità.

Giancarlo Mallarini