Suona il cellulare.
È Simone.
Mi deve raccontare qualcosa di prezioso e toccante.
Ieri pomeriggio, in sede, è arrivato un Signore di 93 anni, accompagnato da un ragazzo e una ragazza.
Si muoveva con l’aiuto dei due ed aveva un bastone bianco.
Simone lo ha osservato con attenzione ma non si è subito reso che conto di quello che di li a poco sarebbe successo.
– Come posso esservi di aiuto?
– Sono venuto a fare l’ab bonamento, anche se sono un non vedente.
– Mi scusi se posso sembrarle impertinente ma lei non vede e vuole fare l’abbonamento?
– Il Grosseto non c’è bisogno di vederlo, a me basta ascoltarlo, a me basta percepire le emozioni dello stadio.
Resto senza parole, un nodo alla gola me lo impedisce.
Simone mi chiede se sono ancora in linea.
Con un colpo di tosse gli segnalo la mia presenza.
Continua dicendomi il suo nome.
Io lo memorizzo, anzi lo scalfisco nella memoria.
La telefonata finisce.
Lascio andare l’istinto, vado in internet e cerco il telefono di questo Signore di Grosseto.
Ne trovo uno che corrisponde, provo a chiamare.
Dall’altra parte del telefono mi risponde una voce femminile.
Mi presento e accenno subito al racconto di Simone.
La ragazza mi risponde che il numero è quello giusto ma il Signore, di cui anche lei si prende cura, è impegnato a fare cyclette…
Mi racconta un po’ la sua storia e mano a mano che l’ascolto mi rendo conto di quanto è speciale l’Uomo di cui stiamo parlando.
Ci lasciamo d’accordo che lo richiamerò per prendere un appuntamento con lui, devo conoscerlo di persona, è un’opportunità di arricchimento che, probabilmente egoisticamente, non voglio lasciarmi sfuggire.
Prima dei saluti la ragazza mi dice che la domenica per lui a volte potrebbe essere un problema venire allo stadio perché non sempre è possibile accompagnarcelo.
Non esito a rispondere che all’occorrenza può chiederlo a noi, sarebbe un privilegio e non un favore.
La ragazza si commuove ma mai quanto lo sono io.
Prima di concludere la telefonata aggiunge:
– Sai io ho un marito che giocava a pallone, ed io, anche se non sono un’appassionata di questo sport, una cosa credo di averla capita. Se ami il calcio hai solo due modi per viverlo, giocarlo o andare allo stadio a vederlo. Non ne esistono altri.
Ascolto e resto in silenzio.
Fin quando esisteranno persone così il calcio non morirà mai.
Di questa storia mi resta dentro il fatto che nessuno conosceva questo Signore.
La sua storia è degna di essere raccontata anche e soprattutto per questo.
La sua assoluta assenza di ricerca di visibilità e il suo amore disinteressato per il Grosseto sono un pugno allo stomaco per chi è impregnato di personalismi, per chi parla di ripescaggio e per chi parla di Eccellenza come categoria infame.
Il suo nome è: Enzo.
Ma lui sicuramente preferirebbe chiamarsi: “Nessuno”.
…e la mia penna non riuscirà mai a rendere il giusto merito alla persona che è…
T&GO