Il sole è tiepido, la luce e gli odori annunciano la prossimità dell’estate.
Siamo in piedi sui gradoni con i giacchetti legati in vita.
Nessun tifoso occasionale.
Uno spettacolo per pochi intimi, come si conviene tra veri amici.
Una curva compatta che sostiene con orgoglio quegli undici ragazzi che fino all’ultimo hanno deciso di onorare l’impegno preso con questa terra e con la maglia che la rappresenta.
Entrano le squadre in campo, tutto lo stadio canta l’inno del Grosseto.
Inizia la partita e subito pressiamo altissimi.
La Nord canta all’unisono, la sensazione è possente.
Un guardalinee nel dubbio alza la bandierina, tutta la panchina scatta in piedi, il Mister arriva quasi a centrocampo per ringhiare in faccia all’arbitro le nostre ragioni.
Nonostante il viso sia proteso in avanti, le braccia restano a fatica composte dietro al corpo, il gesto è apprezzato e lui graziato.
La sua protesta non persuade il giudice di gara ma convince la curva.
Le maglie già alla fine del primo tempo sono impregnate di sudore, qualcuna è anche un po’ strappata.
I giocatori, imboccando il tunnel degli spogliatoi, parlano animatamente tra loro, il nostro capitano incoraggia uno dei più giovani.
Danno impressione di essere un gruppo.
L’intervallo trascorre nello scherzoso parlottare tra amici e qualche sfottò a distanza di diversi gradoni.
Mi arrivano odori di sigarette e arachidi.
Il terreno di gioco è vuoto, alcune zolle rigirate testimoniano la lotta che sta per riprendere.
Le squadre fanno il loro rientro.
Stessa grinta della prima frazione e l’incoscienza di un arrembaggio sempre meno ragionato, come la nostra fede.
Non stanno facendo esattamente quello che vorremmo ma stanno dando tutto quello che daremmo.
Nei minuti finali si materializza ciò che era confusamente e ostinatamente nell’aria da più di un’ora.
Proprio sotto la Curva Nord, un piccolo giocatore di colore, con i pantaloncini di una taglia più grandi, guizza veloce come un felino tra una selva di gambe, la punta dello scarpino diventa l’apice di tutti gli sforzi profusi fino a quel momento.
La palla sembra non oltrepassare mai la linea di porta.
E’ un’annata così, si soffre anche quando è gol.
Poi lentamente ruzzola e finisce la sua corsa imbrigliata dentro la rete.
L’arbitro indica il centro del campo.
Il mio vicino esterna il suo orgasmo calcistico solo in quel momento, evidentemente si è fatto diffidente.
Il recupero è onesto, come la nostra vittoria.
Triplice fischio per partita e campionato.
La squadra viene tutta sotto la curva per il saluto di fine stagione, ci applaude.
Noi restiamo avvolti in un fiero silenzio, stiamo tutti esibendo le sciarpe mentre li guardiamo dritti negli occhi.
Qualcuno di loro si commuove, altri con un gesto della mano palesano il loro attaccamento a questi colori.
Alcuni se ne andranno, altri forse decideranno di indugiare un altro anno.
Noi comunque ci saremo.
Ci troveranno sempre là, al solito posto.
Su quei gradoni, con le nostre sciarpe.
In quella che è la nostra Curva, la Nord.