La penna non scorre.
Io sono uno che scrive di “colore”, uno che scrive di pancia.
Per descrivere la partita di ieri invece dovrei forzare la mia natura e scrivere di aspetti tecnici e tattici.
Ma per me il calcio è un romanzo, tra i più belli mai scritti.
Ieri ho sofferto.
Sono stato pervaso, fin dall’inizio, da un diffuso senso di impotenza.
C’era apatia nell’aria e indolenza in campo.
Se questa era la prima di una serie di sette finali da giocare con il coltello fra i denti, ecco, ieri a fatica c’avremmo tenuto un ciuccio.
Il tempo scorreva e io mi guardavo intorno incredulo.
E non ero il solo.
Attorno a me scoprivo molta empatia.
Continuare a scrivere sul vissuto di ieri è deprimente, sia per me, sia per chi mi leggerà.
La frustrazione di quei novanta minuti resta impressa in due scatti fotografici.
La squadra che, a fine partita, si avvicina al settore ospiti, salvo poi fermarsi a debita distanza.
Nei loro sguardi un’infinità di domande senza risposta.
Click: smarrimento.
Mentre aspettiamo che le forze di sicurezza ci facciano uscire, viene gettato a terra un fumogeno.
Lo osservo mentre si esaurisce da solo, ignorato dai più.
Sarebbe dovuto servire per altro.
Click: malinconia.
Mi allontano con la macchina, sul lungomare vedo gente passeggiare serena in questa giornata primaverile.
Ostia mare.
Il mio stato d’animo è distante anni luce dal loro.
Ostia male.