La vendetta è un atto infantile e povero di significati e, come tale, andrebbe di per sé ignorato. Ci sono vendette, però, che è opportuno stigmatizzare e biasimare perché infarcite di acredine e cattivo gusto, traboccanti di falsità e puerili vittimismi. E’ con questo spirito che esprimiamo il nostro disappunto per il disagio che il Sig. Alessandro De Gregorio ha avvertito sedendosi, domenica scorsa, sulle poltroncine della Tribuna Vip dello Stadio “Carlo Zecchini”, disagio che ha poi affidato ad un trafiletto pubblicato il giorno dopo sul giornale locale per cui scrive ed al proprio profilo FB.
Ci dispiace per lui che la giornata sportiva non abbia seguito il copione sperato e ci rammarichiamo (nemmeno poi tanto) che il Grosseto “delle meraviglie”, come egli stesso ama definirlo, abbia rifilato tre reti al Piombino “dei ragazzotti” sempre per usare attributi a lui cari. E’ oggettivamente difficile calarsi nel ruolo di giornalista/tifoso e il cuore può portare a commettere errori giustificabili, magari non buttando un occhio alle formazioni, per rendersi conto da soli, che anche la squadra avversaria è infarcita di giovani volenterosi e ricchi di orgoglio nell’indossare quella maglia. Capiamo tutto, davvero, anche il nostalgico paragone sulle tifoserie, che avrebbe potuto servire da prologo ineccepibile ad un racconto degno del “Libro Cuore” di un novello de Amicis. Purtroppo (o per fortuna) quella di Davide e Golia, domenica scorsa, è rimasta una storia di fantasia, con Davide che ne ha buscate di santa ragione nonostante si trovasse a “combattere” contro una formazione ben più blasonata, in contesti che vanno ben oltre quella che è la consuetudine che la sua storia sportiva certifica.
Non si crucci Sig. de Gregorio, qui a Grosseto ne abbiamo visti passare tanti come lei che, seduti su quelle poltroncine, pensavano di veder giocare la partita della vita portando a casa gli agognati 3 punti: che fossero il Torino, il Bologna o il Piombino, si sono alzati sempre con la stessa identica delusione.
Quello che invece ci resta difficile da digerire è che la frustrazione sportiva la porti a dipingere a tinte forti scenari di cameratismo di bassa lega, infarcendoli, per esigenze di sensazionalità giornalistica, con lo stridente e forzato richiamo alla tragedia che ha colpito Davide Astori e la sua famiglia. Ci appare veramente deprecabile fare leva sulla sensibilità dei lettori servendosi di una morte per enfatizzare il proprio personale disagio. Ci sono già troppe vittime, accidentali o meno, in questo Paese, che possiamo (e vogliamo) benissimo fare a meno di lei e delle sue elucubrazioni. La nostra Città ha saputo rendere dignitosamente omaggio alla memoria del ragazzo, non occorre aggiungere altro.
La vogliamo dunque tranquillizzare ricordandole che nella nostra Tribuna, come nel nostro Stadio, non esistono “cricche” e fazioni ma solo tifosi che, al di là delle loro differenze culturali, sociali e ideologiche, si ritrovano a seguire la squadra della propria Città. I bambini non subiscono alcun trauma e occupano il loro posto sulle poltroncine accanto ai ragazzi, alle famiglie, ai giocatori, ai dirigenti e ai giornalisti come lei.
Se continuerà a seguire la sua squadra e avrà la fortuna (che le auguriamo) di vederla impegnata in contesti, sportivi e sociali, diversi da quelli a cui è abituato, è probabile che imparerà anche che la convivenza implica rispetto reciproco e che l’ospite, per ragioni di educazione, è il primo a doverlo dimostrare. Nel suo prossimo articolo si complimenti con i nostri Steward, invece di denigrarli e ridicolizzarli, perché è anche grazie alla loro esperienza e buonsenso se tanti fenomeni che occupano quelle poltroncine con manie di protagonismo e maleducazione riescono a seguire tutto l’incontro senza essere accompagnati fuori. Tutto questo a patto che quando si entra allo Stadio Zecchini si sia consapevoli di dover abbandonare frustrazioni personali, insoddisfazioni e pregiudizi: per tutto questo nemmeno il buonsenso e l’ospitalità di noi Maremmani può aiutare.