C’era una volta un bambino invisibile, ma non a tutti. Qualcuno (pochi) lo riusciva a vedere e se ne prendeva cura. Tutti gli altri invece gli passavano davanti senza accorgersi della sua presenza. Lui cresceva in fretta e sano, ma una domanda lo tormentava. “Sono un bambino fortunato perché le persone che mi vedono hanno tutte cura di me o sono un bambino sfortunato perché per molti sono invisibile?”. Passarono altri anni e il bambino divenne uomo, sempre diviso tra l’amore e l’affetto di chi lo riusciva a vedere e l’indifferenza della maggior parte degli altri a cui lui restava invisibile. Ma quella domanda lo tormentava ancora. Poi un giorno, molti anni dopo, quando oramai era diventato un tenero vecchietto, si fermò a riposare su una panchina del lungomare ad osservare il calare del sole. Fu in quel momento che si accorse che intorno a lui, tutti quelli che lo vedevano, stavano facendo la stessa cosa. Tutti erano in religioso silenzio ad ammirare il tramonto. Dietro di loro, sul marciapiede, gli altri che, camminando frettolosamente, restavano indifferenti a quello spettacolo. Allora una lacrima solcò il volto del vecchio bambino invisibile. Aveva finalmente trovato la risposta inseguita per tutta un’esistenza. Loro vedevano cose invisibili agli altri. I loro occhi vedevano di più. La loro era una forma di realtà aumentata. Questa fu la dimostrazione che anche una vita incompresa ai più valeva la pena di essere vissuta, forse anche più delle altre.
In questo fine settimana c’è stata la festa dei tifosi.
Non erano in molti, anzi a dirla tutta erano pochi, pochi.
Qualcuno di loro si sarà domandato: perché gli altri non vedono ciò che vediamo noi?
Ognuno di loro dovrà trovare la sua risposta.
Nel mentre io li aspetterò, seduto su una panchina del lungomare, per ammirare un tramonto.
T&GO
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Purtroppo la risposta alla domanda conclusiva dell’ articolo non ha nulla di filosofico, né tanto meno di poetico, anzi è assolutamente banale e prosaica e coincide con un concetto da me espresso un’infinità di volte: sei campionati di fila uno più disastroso dell’altro, che hanno ridotto il Grifone ad una dimensione di totale ed assoluta irrilevanza calcistica, uniti all’attuale assenza di qualsivoglia prospettiva di crescita reale, formano un mix micidiale e distruttivo, capace di disamorare e disgregare anche tifoserie ben più consistenti e strutturate della nostra.
Filosofico? Poetico? Banale? Prosaica?
Sesto ti sei sentito toccato? 😉
Scherzi a parte, proviamo a ragionare.
Quindi che facciamo? Ci rassegniamo? Si resta a casa a fare tifo da parabola? No, o almeno io no. Mi abbonerò sempre in ogni categoria e non solo, darò sempre il mio contributo ogni volta che potrò in tutte le forme possibili. E a proposito di categorie, in questo momento, gli abbonamenti sono appena un terzo di quelli dell’anno scorso. Quindi vuol dire che 2/3 di “tifosi” non hanno rinnovato. 2/3 di tifosi alla prima difficoltà hanno mollato. 2/3 di tifosI???….è un complimento chiamarli così. Grosseto non è una piazza da Lega Pro e serie B ma assolutamente solo da eccellenza o al massimo serie D. Camilli è stata una gran botta di culo che non abbiamo neanche saputo apprezzare e preservare. Chi non lo capisce ha due problemi: non ha una visione corretta delle attuali prospettive che la piazza offre e soprattutto non è un tifoso. Tu hai rinnovato l’abbonamento?
Vedi Roberto, quando facevo le elementari già seguivo il Grosseto (al fianco di mio padre grande e appassionato tifoso biancorosso), il che significa che l’ho fatto per mezzo secolo, anno più anno meno, a prescindere dalla categoria e senza soluzione di continuità, eccezion fatta per il secondo anno pincioniano. Ciò doverosamente premesso, ammetto senza problemi di non aver fatto l’abbonamento e di non avere alcuna intenzione di farlo: sono stanco, stufo, amareggiato e incavolato per il fatto di aver visto il Grifone passare da un insuccesso all’altro da almeno sei anni a questa parte e ancora di più perché sono consapevole che non esistono, oggi come oggi, le condizioni per “ripartire” in modo concreto e significativo. E’ vero, in un’epoca ormai lontana ho seguito con convinzione la squadra anche in Promozione, ma era diversa la situazione o comunque io la vivevo in modo diverso, forse semplicemente ero molto più giovane e vedevo le cose in un’altra ottica; fatto sta che adesso non ce la faccio proprio a provare entusiasmo per una squadra che affronta il Ponte Buggianese e che – cosa ben più triste – ha come massima e teorica aspirazione la serie D, come del resto tu stesso affermi. Questo mio stato d’animo non deve essere poi così assurdo e inconcepibile se è vero come è vero che 2/3 di tifosi (con o senza virgolette) sembrano essere su un’analoga lunghezza d’onda. Giusto? Sbagliato? Chi lo stabilisce e in base a che? Mi limito a dire che ho la massima stima e il massimo rispetto per chi la pensa come te ed auspico che ci sia reciprocità. A titolo informativo e per concludere: stabilirò di volta in volta se essere presente allo Zecchini o meno, magari decidendo all’ultimo momento…va a finire che domenica prossima sarò ancora lì come sempre. Malgrado tutto.
Sesto, quando ti relazioni con me non mettere mai in dubbio il mio massimo rispetto per la tua opinione.
E’ fuori discussione.
Alla tua domanda su come sia possibile stabilire se rinnovare l’abbonamento sia giusto o sbagliato io un’opinione ce l’ho.
Ci sono realtà in cui la campagna abbonamenti si apre immediatamente dopo la fine della stagione e chiude dopo poche settimane ancora prima dell’inizio della campagna acquisti.
In altre parole la gente rinnova per un’esistenza intera a prescindere dagli obiettivi e dalle aspirazioni reali della squadra, a prescindere dalla categoria.
E’ un vero e proprio legame con la squadra della città o del quartiere dove è nato.
E’ un appuntamento imprescindibile, non viene messo in discussione per alcun motivo, un po’ come il Natale.
La squadra è compresa in quello che io definisco il cerchio degli affetti più stretti.
Questo secondo me è “il giusto” e in tal senso non nutro alcun dubbio.
Ma leggendoti ho compreso perfettamente la tua amarezza ma anche il forte legame che anche tu hai da sempre per questa squadra.
Alla fine dell’anno avrai contribuito economicamente ad aiutare la società più tu pagando il biglietto che io a fare la tessere da socio sostenitore bronzo.
Lo dico perché alla fine, sono convinto, che la tua presenza non sarà assenza.
Il tuo è amore, magari ha una forma diversa dal mio, ma è amore.
Un’ultima cosa.
Confrontarmi con te è sempre un piacere, ci tenevo a dirtelo.