Il calcio è un mondo all’incontrario, ruota in senso antiorario, orbita intorno alla stupidità. A termine della gara con l’Atletico Piombino il volto di Sebastiano Miano raggruppa tutto questo, anzi lo esalta. Restando al solo campionato questo il cammino del Grosseto: quinta vittoria in sei gare con 14 reti all’attivo e 6 subite. Primo posto in classifica, unico ad essere imbattuto nel girone A, corona meritata solo da due squadre in Eccellenza (nel B c’è il Grassina). Questo non basta al raffinatissimo, espertissimo, dotto tifoso della tribuna centrale. Lui è oltre, lui conosce a menadito le leggi del pallone, le ha studiate, ragionate, sviluppate. Lui è al di sopra, è oltre le nuvole. Quei 15-20 minuti, ma siamo certi che ne bastavano anche 2, di confusione del Grifo sul finire della frazione iniziale, ha aperto la mente, e anche la bocca, al grande conoscitore di calcio. E allora perché non insegnare a Miano come si gioca, come si schiera la squadra, quali sono i cambi da usare? Una lezione da ateneo di alta classe. Miano ascolta. E basta. Nella ripresa manda in campo gli stessi 11 e vince in scioltezza la partita. Il tecnico si chiede il perché di questa voce, o voci, che gli fanno venire l’orticaria. Se avesse pareggiato? Se avesse perso? Già dal pari con il Montignoso giravano voci di esonero, di scarsa nobiltà calcistica di Miano, della sua incapacità di gestire lo spogliatoio. Non si faccia domande il timoniere biancorosso, anche perché le risposte sono nascoste da secoli di nebbia, di inettitudini calcistiche, sono riposte nei ripiani dello zero assoluto quanto a attaccamento all’uccellaccio usato prima come grimaldello personale per mettersi in mostra, poi buttato nel cesso delle critiche a priori quando i riflettori si sono spenti. Lo Zecchini di domenica era un pianto a singhiozzo, un latrato notturno. Un cesso appunto. Allora i pochi che ricordano dov’è lo stadio aiutino invece di sparare, regalino sorrisi e canti come la nord. In caso contrario restino lontani.
Poi c’è il galateo del post gol. Vietato togliersi la maglia, vietati atteggiamenti oltre il lecito, vietato arrampicasi su qualsiasi cosa, vietato tutto. Dopo mille nefandezze a tutte le latitudini, il governo del calcio prende queste sublimi attenzioni al galateo. Ora ci aspettiamo che venga tolto proprio il gol. Nel frattempo, però, leviamo di mezzo i reticolati e le barriere. Chi segna ha il diritto sacrosanto di condividere la gioia con il proprio popolo. Ma forse siamo troppo romantici e di romantico il gioco del pallone non ha più nulla. Ed è il più grande peccato mortale che si poteva commettere