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È una domenica come tante, mi alzo pigramente dal letto, mezzogiorno è passato già da un po’. Apro le persiane della mia stanza e il sole è alto, non tira un filo di vento. Mentre mi scrollo definitivamente Morfeo di dosso, dei bimbi giocano spensierati con un pallone per la via e mi soffermo ad osservarli. Subito mi tornano alla mente gli anni in cui, a quest’ora, sarei già stata in un tremendo ritardo, intenta a spolverare le ultime lenti della mia reflex per poi correre allo stadio a vivere quella partita che tanto “sentivo” dentro me.
Rassetto alla bell’e meglio e con la prole al seguito ne approfitto per recarmi a fare la spesa.
Il nuovo centro commerciale è enorme e finalmente in una zona centralissima della città. La gente sembra rispondere bene a questa nuova iniziativa comunale. Finalmente un grande afflusso di gente si concentra nuovamente da queste parti.
Percorro l’ingresso con un po’ di malinconia e, mentre osservo i bimbi correre verso l’area giochi, socchiudo gli occhi e ripenso a quando al posto di quelle piastrelle tristi dai colori sbiaditi, c’era un grande prato verde, il prato dello Zecchini.
Avrei voluto far provare ai miei figli le stesse emozioni che ho vissuto in prima persona dentro quello stadio, ma tutto questo ormai rimarrà solo come il più prezioso dei ricordi nascosto dentro me e in quei pochi tifosi che fino alla fine c’hanno creduto. Per fortuna ci sono ancora quegli scatti a testimoniare le emozioni indelebili e mi limiterò quindi a raccontare solo che il calcio a Grosseto è finito nel più triste dei modi. Il mio grifone è perito di spada e ad infilzarlo è stata la sua stessa gente.
Suona la sveglia, questa volta è quella vera, sono le 12 passate … caspita anche oggi sono in ritardo, devo sbrigarmi, alle due e mezza c’è la partita e devo ancora preparare la mia macchina fotografica. Per fortuna era solo un sogno, l’unico per cui lotterò affinché non si avveri.

Noemy Lettieri