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Attenzione a come lo fate perché la disaffezione porta all’indifferenza e quest’ultima è la morte di ogni sentimento. Prima di accanirsi contro Camilli, la squadra, gli arbitri, il sistema e persino i Maya, colpevoli di non essere riusciti a divinizzare la fine del mondo né di dare un bel colpo alla FIGC, è più utile capire quali siano invece le illusioni del cuore e operando un distaccamento controllato assecondare una tesi di comodo oggi per controbatterla domani, quando in momenti di classifica più congeniali, potremo tornare a perdere la testa.

Prima illusione: il calcio è uno sport. No, è spettacolo, quindi con regole e attese completamente diverse; sorvolando sull’intensità degli allenamenti, dove la differenza con altre discipline per frequenza e intensità è rilevante, a trasformare ogni stadio in teatro ci pensano, un regolamento di gioco, dove l’interpretazione la fa da padrona, e un carrozzone mediatico capace di divorare persino i soldi che non ha. Il fine dello spettacolo calcio è sempre il solito: incollare noi tifosi davanti ai televisori come i nostri genitori lo erano davanti a Rischiatutto.

Sintesi: anche Notre Dame de Paris commuove ma non ci dilania il cuore tutta la settimana come una partita persa al novantaquattresimo, forse, da qui a Giugno, sarà il caso di delimitare le nostre angosce al calo del sipario.

Seconda illusione: la maglia è il territorio. Razionalmente se riusciamo a scollegare il cervello dalla passione, è evidente quanto i giocatori non siano gli amici del paese e come la proprietà sia sempre e comunque una sistemazione temporanea. Persino il termine rappresentanza, che di per se avrebbe una valenza, nel calcio è così aleatoria per cui, chi rappresenta oggi la tua città, domani può benissimo guidare alla gloria la tua rivale storica. Il pensiero si offre a innumerevoli discussioni ma per il momento inutili a lenire il dolore, comunque se vogliamo continuare a sostenere la tesi, squadra uguale città, mi domando: “E’ preferibile che la nostra rappresentanza sia presa a schiaffi da tutti in serie cadetta o sia la regina della prima divisione?”.

Sintesi: un tifoso pisano all’indomani della caduta dall’Olimpo, scrisse su un forum quanto non contasse dove avrebbe giocato il prossimo anno, ma le emozioni che avrebbe vissuto all’Arena in qualunque categoria giocasse il suo Pisa.

Sapere quanto la nostra passionalità si fondi in parte su una sorta d’inganni mentali, ci aiuta a recuperare razionalità e non è importante capire dove finisce il confine tra illusione e realtà ma che quel confine esista. L’oggettività rende i nostri giudizi più obiettivi e mai come in questo momento abbiamo bisogno di ragionevolezza. Quando il cuore potrà riprendere il sopravvento, sarà sufficiente valicare quel confine in senso inverso e quelle che oggi definiamo illusioni del cuore, domani saranno i pilastri che sorreggono i nostri sogni.

Leonardo Culicchi