Conosco Roberto Pini da quando giocava nei Giovanissimi del Saurorispescia. L’ho visto crescere calcisticamente, maturare, diventare bravo, indossare con gioia la maglia del Grifone, portare la borsa dell’unione sportiva a testa alta. Fino al 30 giugno 2015. In quelle ore Pini era disperato, il suo Grifone era stato annullato, la sua porta cancellata, i sogni spariti, flagellati dalla decisione finale dell’uomo che, dopo qualche giorno, lo chiamò alla Viterbese Castrense per difendere nuovi pali in serie D. In quel momento il Grifone non esisteva, il futuro era traballante come un trampolino. Roberto vuole essere portiere. Da svincolato prese il suo cartellino e andò al Rocchi dove è stimato e corteggiato da società importanti. Adesso lo aspetta anche la Viareggio Cup nella selezione di serie D. Piaccia o no la sua decisone va rispettata. I desideri personali, i sogni nel cassetto, non possono andare dietro le vicende di una società, anche se l’artefice del disastro e della sua ripartenza combaciano. Questo sono scherzi del destino a cui Roberto non ha voluto sottostare. Non ha tradito niente e nessuno, segue solo il calore dei sogni, il richiamo naturale di essere portiere. La tristezza di non indossare la maglia biancorossa può attendere. Tutto il resto è solamente retorica priva di significati.