Non pioveva a Livorno, di fastidioso c’era il vento. Fuori dal Magnozzi il pullman del tifo, dentro fracasso a iosa con allegato bandierone formato lenzuolo a due piazze e mezzo. In mezzo all’erba il Grifone sfila in rosso acceso. L’ora solare ridisegna gli orari, si inizia alle 14,30. L’avversario è tosto, grintoso, tagliente. Il Grifone presenta dei buchi. Non c’è Andreotti, nemmeno Molinari, neppure Del Nero. Ma ci sono gli altri, quelli che servono, che non deludono. Miano veste la pettorina gialla mostrando il viso di sempre, quello della fiducia. Si parte. Cretella si frattura immediatamente la mano, ma resta in campo. Nessuno se ne accorge. I padroni di casa provano a prendere le redini del gioco, a imporlo. Il Grifo lo capisce, sbatte le ali, assume l’atteggiamento consono alla capolista, rilegge i compiti fatti a casa in settimana. La Pro insiste promuovendo scorribande mai insidiose. Nunziatini intuisce che non ci sarà tanto lavoro da fare. Raito resta dolorante a terra, serve il cambio. Entra Luci. Raito lentamente si avvicina agli spogliatoi. La gara continua. Ecco l’ambulanza, Raito ci sale, l’automezzo si muove. Sull’erba Camilli ruba palla, Luci è al limite, passaggio preciso, Luci scarica il rasoterra risolutore. E’ il gol partita, il saluto benaugurate al compagno. In 36′ due fratture si aggiungono alle penne dell’uccellaccio. Il Magnozzi non è terra molto fortunata. Ma si gioca. Nunziatini alza oltre la traversa una punizione e si rimette le babbucce, la sua domenica pallonara inizia e termina qui. I compagni non mollano una virgola, la Pro si dibatte nella ragnatela biancorossa, chi sfugge viene fermato in area con ordine e agonismo. Fino al termine, fino all’abbraccio con il popolo amico, con il bandierone da due piazze e mezzo. Un successo al platino, voluto, costruito, preso e portato sul nido nascosto in cima alla montagna, dove non c’è nessuno. Quattro trasferte, dodici punti. Quaterna secca.