Mi arrivano telefonate, sms, messaggi audio e video.
Tanti.
Fin dalla mattina.
E avanti così fino quasi all’ora di cena.
Io non posso esserci ad Aulla ma fanno di tutto per farmi sentire lì con loro.
Perché le persone giuste non le scegli, le persone giuste non ti scelgono.
E’ qualcosa di più animalesco.
E’ qualcosa di più primordiale.
E’ più un annusarsi, un osservarsi a distanza, una specie di rito di riconoscimento che può durare anche anni, ma che alla fine porta a instaurare legami molto forti.
Legami fatti di lealtà, solidarietà e complicità.
Compagni di viaggio indispensabili.
Amici senza i quali molto probabilmente tutto questo non avrebbe più senso.
Gente da cui ho imparato che una trasferta vale cinque partite in casa.
Gente da cui ho compreso, fin in fondo, quanto può essere superflua la categoria in cui si milita.
Tutto quello che conta, tutto quello che veramente sposta, avviene fuori dal rettangolo di gioco.
Avviene prima e dopo la partita.
Il viaggio, il pranzo, lo stadio e il ritorno.
L’importanza di attaccare la pezza o lo striscione.
L’importanza della sciarpa.
L’appartenenza.
L’importanza di esserci a prescindere da tutto il resto.
A prescindere dal risultato e a prescindere dall’avversario.
Portare l’insegna e gli emblemi della nostra terra ovunque.
Fino alla fine.
Come per una sorta di giuramento sacro.
Una promessa solenne che ognuno di noi, probabilmente, porta avanti per motivazioni diverse.
Le cui origini sono molto profonde e, spesso, intime.
Molte con il tempo credo di averle intuite, altre, in parte, ancora mi sfuggono.
Ma quello che conta, quello che è sorprendente, è la loro affidabilità.
Loro ci saranno sempre.
Perché loro sanno amare.
Amare veramente.
Amare a prescindere.
Amare senza pretendere nulla in cambio.
Disinteressatamente.
Amare in maniera totale.
E io?
Io mi considero semplicemente un allievo.
A caccia di una sufficienza.
Se ci riesco mi sbronzo.
Mi accontento di poco.
Perché un passaggio fondamentale per diventare uomini è quello di ammettere i propri limiti.
Non è facile e in parte è doloroso.
Ma essere leali con se stessi è una grande conquista.
Io non sarò mai come voi.
Mi basta starvi al fianco e scrivere di voi.
T&GO
Apprezzo ed approvo quanto si dice in questo articolo, anche se riflette una realtà che non mi appartiene, in quanto, pur seguendo fedelmente e appassionatamente il Grifone da mezzo secolo, sono sempre stato come tifoso un cane sciolto o, se si preferisce, un lupo solitario, oggi come quando vedevo all’opera Barbana, Di Prete e Borghi. So che può sembrare un controsenso, ma tant’ è. Continuo peraltro a non capire, sicuramente per miei limiti, come si possa considerare “superflua” la categoria in cui si milita: come se lo stato d’animo di un tifoso dovesse e potesse essere lo stesso tanto che si affronti il Montignoso o indifferentemente il Torino. Riguardo a ciò mi trovo su posizioni sideralmente lontane. Pazienza.
Tutto vero, questo è un inno al senso di appartenenza, quella che purtroppo manca a questa città.
L’unica variabile secondo me è la categoria, ripeto, al netto del senso di appartenenza rispetto all’anno scorso abbiamo perso 400/500 spettatori, è ed inspiegabile per una squadra prima in classifica, l’unica constatazione possibile è questa, noi ci possiamo raccontare tra di noi quello che vogliamo, ma l’eccellenza è una categoria che non interessa a nessuno eccetto noi fedelissimi, quindi facciamo di tutto a di più per tornare in serie D. Con le buone o con le cattive.
Personalmente sono convinto che la nostra squadra presa in blocco e “sdoganata” in serie D non avrebbe nessuna difficoltà a disputare un tranquillo campionato di centroclassifica, quindi mettiamocela tutta, un altro anno di eccellenza sarebbe una tragedia.
Concordo sul fatto che restare in Eccellenza sarebbe una tragedia, o meglio credo che significherebbe una cosa molto semplice: il de profundis definitivo (o giù di lì) per il calcio grossetano. Sono tuttavia convinto che anche in caso di promozione non dovremmo aspettarci miracoli, nel senso di stadio strapieno ed entusiasmo a gogo, dato che sei annate di disastri sportivi e delusioni a ripetizione hanno disamorato ed allontanato buona parte dei potenziali tifosi e recuperarli non sarà affatto facile né immediato. A mio modo di vedere una reale svolta da questo punto di vista potrebbe darla solo la serie C; che poi oggi come oggi questo sia un puro e semplice miraggio e come tale qualcosa di irreale…è un altro paio di maniche.