Potreste ascoltare tutte le storie che i vecchi raccontano intorno al fuoco di un camino o cercare in tutte le fiabe che le madri sussurrano dolcemente ai bambini dalle palpebre pesanti e persino sfogliare ogni libro antico, per quanto segreto e nascosto ma mai trovereste la storia struggente della maledizione inflitta alla Maremma.
Mai è stata raccontata, scritta o dipinta ma questo non vuol dire che non esista. Qualcuno giura che le sue strofe siano scivolate nelle urla strazianti della bella di Marsilia profanata dai saraceni, altri giurano di averle sentite nell’ultimo sospiro di vita di una dama persa da un giovane e qualcuno sostiene di averla letta nel volo disperato un uccello che qui vi perse la sua piuma. Nessuno di preciso lo sa, di certo la sua esistenza si avverte annusando nell’aria l’odore di salmastro portato dalla tramontana.
Si dice che alla creazione dell’universo la Maremma abbia preteso tutte le bellezze possibili, tutti i gioielli che madre natura custodiva gelosamente e così anche i colori più belli dell’arcobaleno, si narra che li abbia voluti con una rabbia ed una superbia tale che neanche Dio poté esimersi dal chiedergli un alto prezzo in cambio.
Fu accontentata a patto che per l’eternità tutta la bellezza concessa nascesse e ritornasse alla sofferenza, tutta la gioia si completasse nella tristezza e ogni successo trionfasse e soccombesse alla più amara sconfitta. Tutto quanto richiesto gli fu concesso a patto che ogni opposto di quanto ottenuto ne preservasse l’equilibrio. La Maremma, disgraziata, accettò.
Si dev’essere andata per forza così, ditemi altrimenti come sarebbe possibile, che un Camillucci qualunque, dopo cinque anni venisse a segnare il suo maledetto e agognato gol proprio qui.
Io, alla fine, ho applaudito questo pezzo; per me è impossibile non farlo. Grande Leo…