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E’ vero, il Grifone all’ombra dell’ultimo sole si è assopito come il pescatore di De Andrè. E’ vero, il Grifone è stato brutto, lento, intorpidito. E’ vero anche che le attese erano altre, le speranze pure. E’ altrettanto vero che l’avversario è stato bravo a conquistare tutto il campo, a soffocare ogni iniziativa dell’uccellaccio, a ingabbiare chiunque entrava in area. Tutto vero, analizzato, criticato, sviscerato. Ma da qui a dire che il Grosseto non è una squadra, che Miano non è all’altezza non ci sembra solo esagerato ma, altresì, fuori da ogni normale logica calcistica, quasi una bestemmia sportiva. Se per “non squadra”, si intende una formazione capace di dare sempre 4 schiaffi all’avversario di turno in mezz’ora, allora è ragionevole dirlo. Perché il Grifo è “normale”, deve sudare 10 camice per conquistarsi ogni punto in classifica, ogni metro di erba in campo, deve scalare percorsi impervi e scivolosi, cadere e rialzarsi, lottare in silenzio. In parole semplici deve fare quello che ha fatto finora. Bando dunque a disquisizioni cattive, a crocefissioni affrettate, a giudizi poco amichevoli. Dopo Montignoso le critiche sono giuste e giustificate. La prestazione è stata insufficiente in ogni aspetto, in ogni angolo, tecnicamente, tatticamente e fisicamente. Si è salvato solo Cretella. Il rammarico della sua prestazione è quello che non era in sintonia con il resto dei compagni. Lui era in alto, il resto è rimasto a terra. Peccato. Miano dovrà livellare i due aspetti, interrogarsi, interrogare, capire. Adesso si deve andare avanti sulla strada intrapresa, quella che ha prodotto dieci punti e la cima della classifica. Sempre con umiltà insieme a quel pizzico di piratesca convinzione che gli altri non sono più forti. Però un dubbio aleggia. Il Grifone lascia il bianco delle maglie per indossare un grigio poco convincente, che sia questo il motivo dell’improvviso colpo di sonno?

Giancarlo Mallarini